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Unità a sinistra o cannibalismo post-ideologico?


tutto sommato è un bell’omo anche lui…

Per discutere dei risultati elettorali, Massimo Rossi, portavoce nazionale FdS, parte dal dato della Provincia di Macerata, dove una coalizione FdS e Sel sfiora il 10% e diventa decisiva. «In fondo me lo aspettavo e lo auspicavo – dichiara -, è un risultato in continuità con il “progetto Marche”. Ci sono state persone che hanno messo in piedi una proposta alternativa a partire dai contenuti, confrontandosi con i problemi derivanti dalla macelleria sociale e dall’inquietudine diffusa. Quando ci si presenta con questo profilo si è premiati».

Dalle Marche arriva l’ennesima dimostrazione che un progetto comune a sinistra è possibile.

Sì, intanto perché abbiamo cominciato prima che in altre realtà. Il modello marchigiano è anche frutto del fatto che nella nostra regione, più smaccatamente e in maniera definitiva rispetto alle precedenti elezioni regionali, il Pd ha scelto di appiattirsi verso il centro. Un modello bocciato dalle elezioni, ma su cui insistono. La sinistra si è dovuta e voluta misurare con i problemi dei territori, senza cercare unicamente di vivacchiare nelle istituzioni. Si è creata una demarcazione fra una ipotesi di sinistra, che implica la fuoriuscita dal pensiero unico e il modello del centro sinistra. Sui contenuti ci si aggrega e si costruisce più che nel mercato della politica. Per il Pd ormai la sola prospettiva è nell’intercettare il voto moderato. Noi proviamo a forgiare una ipotesi politica che paga, si può fare di meglio e la scelta di Sel non era affatto scontata.

Un discorso che ci porta anche a valutazioni sul piano nazionale?

Sì, e con diverse sfaccettature: A Milano e a Napoli hanno vinto candidati che non solo hanno un profilo più radicale e alternativo, ma che hanno lavorato sulla partecipazione e il coinvolgimento diretto degli elettori. Torino e Bologna, con il Pd che perde 10 punti o non vince in maniera trionfale, dal punto di vista meramente elettoralistico dimostrano che costeggiare il moderatismo non paga, serve una scelta alternativa. Questo ha prodotto un effetto moltiplicatore, non c’erano votanti plaudenti, magari con il telecomando. Questo è un lavoro strategico che con le elezioni è solo iniziato. Si impone ancora di più il bisogno di consolidare un polo di alternativa lanciando una offensiva unitaria non solo nei confronti di Sel. Dobbiamo acquisire autorevolezza parlando a tutti, proponendo una alternativa economica e sociale, sulla democrazia e sui beni comuni, investendo sulla partecipazione a tutti i livelli. Sarà fondamentale il risultato dei referendum lì dove andremo a riaggregarci su contenuti e a riaprire contraddizioni interne al Pd. Un Pd che non può esultare per la vittoria di Fassino (il Pd ha perso 10 punti) o per quella risicata di Bologna.

Una sinistra che non soccombe all’oscuramento mediatico

I media sono in mano al potere economico e al sistema politico che ne decretano le scelte. Il sistema informativo, pubblico o privato, non prevede alternative, delle quali va cancellata la presenza. Pare fastidiosa la stessa idea che esista un modello diverso di uscita dalla crisi, che esista un antagonismo a un modello economico privo di futuro. Eppure è chiaro che non si potrà governare i beni comuni più con le stesse modalità proprietarie. Il risultato elettorale ci vede, anche se in maniera diversificata, vivi e vegeti soprattutto laddove siamo riusciti a realizzare le migliori interconnessioni e costruito vertenze. Dove non ci siamo limitati a pretendere di rappresentarle ma veniamo riconosciuti come capaci di veicolare le istanze collettive. Qui nelle Marche, a San Benedetto del Tronto, la FdS ha preso il 4%, Sel che si è accordata con il Pd, il 2,1. Se ci fossimo uniti avremmo superato il 10%. Dove non siamo andati bene è perché il lavoro è appena iniziato e dobbiamo riconquistarci un ruolo non perché si intercetta consenso ma perché si vuole costruire insieme.

Non sembrano aver avuto riscontro, a partire da Berlusconi, i candidati a forte impatto mediatico.

Fra rappresentazione e realtà c’è un enorme scatto. Si è tentato di imporre una realtà scollegata, leadership virtuali e sondaggi non sono serviti. Lo voglio dire anche con rispetto ma la forbice che si pronosticava fra FdS e Sel non è stata così ampia, nonostante il nostro oscuramento.

Ci sono stati spostamenti di consenso nei confronti di Grillo?

L’elettorato di Grillo è composito e articolato come le sue liste. Per me il risultato di Grillo corrisponde ad una rinuncia della politica. Lo vedo con i miei colleghi insegnanti che lo votano. Fanno critiche giuste al sistema di sviluppo ma se gli chiedi di impegnarsi in una lotta, non li trovi. Io spero che presto non ci sia più bisogno del grillismo.

Con questo risultato la FdS ora ha maggiori responsabilità.

Le elezioni confermano la nostra utilità, ma ora dobbiamo andare verso il futuro. Fare i conti con il 30% di coloro che non hanno votato, sapere che non si tratta di avvicendarsi alla guida del paese o degli enti locali ma di dare risposte alla crisi. Possiamo costruire e praticare una economia basata sulla conoscenza e rimettere in piedi una filiera corta di scambio economico. Non dobbiamo limitarci a essere il +1 nelle amministrazioni o a fare l’ala sinistra, ma intervenire sul progetto di nuova economia e nuova società. Dobbiamo rimettere insieme le relazioni che abbiamo nel mondo dei saperi. Mentre vengono compiute scelte quotidiane dannose e senza futuro noi dobbiamo mettere in campo proposte alternative. Non possiamo limitarci a camminare in senso contrario su una portaerei che va per la sua rotta, ma mettere in mare una scialuppa con il giusto equipaggio.

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